Lo spirito innovativo che sembra aleggiare in Bauli ha spinto l’azienda di San Giovanni Lupatoto (VR) a proporre, prima tra le grandi marche, i waffles pronti da colazione e snack. Il pubblico italiano di riferimento sarà quello orientato verso l’americanizzazione (almeno simbolica) della colazione e (in parte) delle merende.
Sembra un fatto banale, ma, come ci ha insegnato la sociologia del consumo e della sua cultura, è un piccolo salto socio-antropologico, nel campo limitato dell’alimentazione quotidiana di massa. Non esiste, infatti, un antefatto di questa semplice preparazione culinaria nella pratica delle famiglie italiane e neppure in quella dell’hotelleria. In Italia non esiste e neppure è stata avviata, sinora ,una catena che si ispiri all’americana Waffle House.
Va detto, però, che l’abitudine di cuocere una pastella di farina, acqua e, se possibile, latte e uova, tra piastre roventi non ci è sconosciuta. Le tigelle modenesi si cuociono così. Altri panificati simili, furono in uso per l’alimentazione veloce sin dai tempi dell’antica Grecia, dove si chiamavano obelìas. Tuttavia, il principio di questa cottura applicata alle “gauffres” è da sempre popolare in Belgio, in gran parte della Francia del Centro-Nord e in Olanda, alla cui lingua si deve il nome di waffles (dall’antico “wafel”, ovvero miele o dolce). E furono gli olandesi, assieme ai Padri Pellegrini, a diffondere questa preparazione nei futuri Stati Uniti, in cui divenne un apprezzato prodotto da colazione.
Ed è proprio dagli USA che la conoscenza di questa base dolce, da arricchire secondo la fantasia, si è diffusa anche in Italia. Ogni turista in visita colà ha certamente provato i waffles della breakfast hall o è rimasto incuriosito dalla possibilità di versare la pastella liquida nella piastra bugnata, da chiudere e rigirare per ottenere la griglia sottilmente croccante che ricopre la pasta soffice del waffle.
Ecco come è venuta maturando, anche nel paese del cornetto e cappuccino, la predisposizione a gustarsi un waffle condito con il prima irreperibile sciroppo d’acero, oggi presente in ogni supermercato. In breve, i waffles Bauli si propongono come un prodotto con contenuto di servizio, anche se questo servizio non esisteva antecedentemente nella pratica quotidiana. Da qui il salto menzionato prima sul piano delle abitudini alimentari.
Il marketing aziendale deve aver pensato: “Dritti al punto!”. Il Mulino Bianco, con i suoi Galletti e Molinetti significò, negli anni ’70, il passaggio dai biscotti casalinghi cotti nel forno a quelli industriali, tant’è che il package recava astutamente le istruzioni per autoprodurli, a dire: “Provaci e vediamo se vengono meglio dei nostri!”. Bauli, implicitamente usa lo stesso escamotage: “Vuoi fare l’americano? Comprati la piastra, trova dove riporre l’ennesimo piccolo elettrodomestico, preparati la pastella e cuociti i waffles, … oppure, acquista i nostri 6 waffles pronti!”.
Il vantaggio è chiaro. Quanto tempo occorre per preparare la pastella per uno o due waffles per ognuna delle 6 colazioni mattutine? Quanto vale questo tempo per persone che lavorano? Qual è il fastidio di dover pulire 6 volte la piastra? Ecco perché chi sogna la California, alternando al solito cornetto e caffelatte la colatura dello sciroppo nella grata del dolcetto pronto, diventa un target credibile e interessante per questa novità che ci arriva da Verona.
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