Il valore simbolico del “cornetto” nella colazione mattutina degli italiani è ben noto. In tempi di revanscismo gastronomico sovranista è forse utile ricordare che contrariamente a quanto si crede, il croissant non è un dolce nato in Francia, ma in Austria.
Secondo la storia più accreditata questo prodotto da forno per la colazione sarebbe una conseguenza dell’assedio di Vienna da parte dei Turchi nel 1683. Sconfitti gli Ottomani, i panettieri viennesi realizzarono un dolcetto a forma di mezzaluna, come un affronto ai vinti.
Nel 1834, i pasticceri austriaci, August Zang ed Ernest Schwarzer, aprirono “La boulangerie viennoise” a Parigi, in rue de Richelieu, e cominciarono a proporre queste e altre viennoiserie, a cui i francesi dettero il nome di croissant.
Però, fu solo nel 1905 che comparve la prima ricetta del croissant a base di pasta sfoglia, seguita nel 1920 dalla ricetta del croissant al burro.
Il fatto che fosse celebre come “croissant” non piacque al fascismo che nel 1940, lo considerò espressione di “un’incosciente servilismo che si compiace di parole straniere anche quando sono facilmente e perfettamente sostituibili con chiari vocaboli italiani già in uso”. Pena “l’arresto fino a 6 mesi o l’ammenda fino a lire 5 mila, se non anche la sospensione o la revoca delle stesse” se usato in pubblicità o come marchio aziendale, il croissant divenne il “cornetto” e fu una delle poche, tra le 500 parole proibite, sopravvissuta sino ad oggi, quando Ferrero propone un plurilinguistico “Kinder Kornetto“, con l’obiettivo di portare “gusto e buonumore nella colazione” e “far sorridere il mattino“.
Stante l’affollamento e la maturità di questa classe di prodotto, Ferrero punta, come elemento di diversificazione dagli arci-rivali Barilla, Bauli, e dal corollario di private Label, un doppio impasto evidenziato dalla striatura interna ed esterna.