Ciò che definiamo genericamente Biotecnologie costituisce il mezzo per arricchire la produzione di alimenti che non dipende più solo dalla terra, dal clima e dal tempo/stagione come soluzione alla crisi alimentare di tutto il mondo. Oggi le biotecnologie sono studiate per perseguire la sicurezza alimentare e la sostenibilità agricola, grazie all’applicazione di prodotti bio-based nati come promettente alternativa agli agrochimici
Le bio-tech accompagnano il nostro cibo dal campo alla tavola e possono essere utilizzate in vari campi, come la produzione di ormoni, auxine, acidi, bio pesticidi, nella coltura in vitro nonché nella produzione degli alimenti come enzimi, conservanti, alimenti fermentati, microrganismi probiotici, vitamine. Sono disponibili anche per la sicurezza alimentare mediante i metodi di analisi molecolare o sierologica basati su DNA, e poi per produrre anticorpi ed enzimi, ed infine per rilevare malattie trasmesse dagli alimenti come microrganismi e micotossine. Vediamo allora alcuni esempi di biotecnologie applicabili in agricoltura:
I regolatori della crescita delle piante
I regolatori della crescita delle piante vengono utilizzati per modificarne vari aspetti. Ad esempio, si possono citare l’aumento della ramificazione, la soppressione della crescita dei germogli, l’aumento della fioritura di ritorno. Possono, inoltre, svolgere un ruolo importante nella regolazione delle risposte delle piante a diversi stress abiotici (siccità, caldo, freddo, ristagno idrico, salinità, ecc.).
In breve, questi apporti scientifici contribuiscono all’adattamento delle piante in condizioni climatiche avverse in cui gli stress abiotici influenzano principalmente la crescita e la produzione. In termini tecnici i regolatori della crescita come gli jasmonati, l’acido salicilico e l’acido abscissico sono collegati all’aumento della risposta delle piante a molteplici stress. Ulteriormente, auxina, citochinine, gibberelline sono anch’esse coinvolte nella crescita e nello sviluppo delle piante in condizioni ambientali normali e stressanti. Il fatto rilevante da notare è che i regolatori della crescita delle piante possono essere microbici o non microbici, vegetali o idrolizzati, proteici, estratti di alghe e botanici, con tutti i vantaggi che ne conseguono.
La micropropagazione della coltura in vitro
Un altro esempio molto interessante è la coltura in vitro cui singole cellule, organi o tessuti vegetali in condizioni adatte, possono essere indotti a dare origine ad altre cellule e quindi a tessuti indifferenziati, o a organi, o addirittura a una pianta intera, attraverso un fenomeno noto in ambito scientifico come totipotenza. Le tecniche menzionate consentono la propagazione di un elevato numero di piante in condizioni ambientali controllate (vasi di vetro o plastica). In sintesi, la coltura in vitro produce piante sane e resistenti alle malattie fungine e virali e alle condizioni di stress abiotico. Non solo, esse migliorano la qualità nutrizionale, producono un elevato numero di piante da vivaio per la produzione di piante in serra.
Queste “fabbriche” di cellule vegetali da diverse specie sono attualmente utilizzate per produrre ingredienti per prodotti nutraceutici, cosmetici e farmaceutici. I laboratori di cellule vegetali con tecniche quali callus, hairy roots, cell suspensions, sono piattaforme per la sintesi di metaboliti e prodotti di origine vegetale ad alto valore aggiunto, poiché sono costosi da sintetizzare chimicamente o perchè si trovano in natura a basse concentrazioni. La coltura in vitro, inoltre, supera alcuni fattori negativi per la propagazione di alcune specie vegetali rare che hanno una bassa germinazione dei semi o scarsa riproduzione vegetativa, che sono specie a rischio, o che crescono in aree devastate, con condizioni climatiche difficili, o che sono predate da animali e uccelli, ecc.
La Plant Tissue Culture (PTC) viene utilizzata anche come piattaforma di espressione biofarmaceutica a base vegetale per la produzione di biomassa e di target proteins che utilizzano solo parti di piante o piante che necessitano una bassa lavorazione. Ad esempio l’Automated Plant Cloning System sviluppato dalla società australiana NuPlant, in uno studio campionario sulla vite, afferma “che il sistema ha goduto di un risparmio totale di costi dell’86%, rispetto alla propagazione clonale convenzionale.” Le piantine sviluppate con questo sistema superano significativamente quelle prodotte da coltura convenzionale perché hanno una biomassa maggiore fino a 10 volte, sistemi radicali migliori e una fisiologia normale. Il tempo totale in vivaio è ridotto dalle tipiche 14-16 settimane a 8 settimane e il 95% delle piante in genere finisce la crescita, rispetto al 70% con la coltura in vitro convenzionale”.
Alcuni esempi di prodotti Bio-tech nel food processing:
Enzimi – Gli enzimi sono proteine che agiscono come catalizzatori biologici accelerando le reazioni chimiche. Le molecole su cui possono agire gli enzimi sono chiamate substrati e l’enzima converte i substrati in diverse molecole note come prodotti. Gli enzimi possono provenire da cellule microbiche o da fonti animali o vegetali utilizzate nella lavorazione degli alimenti come formaggio, pane, vino e bevande alcoliche.
L’industria alimentare utilizza vari enzimi. Ad esempio, α-amilasi, chimosina e lattasi, molte delle quali sono prodotte come proteine ricombinanti utilizzando tecniche di ingegneria genetica. Si utilizzano anche enzimi microbici, come i cagli nella produzione di formaggio da diversi organismi: R. miehei, Aspergillus oryzae. Altri enzimi includono la lattasi per la produzione di latte, formaggio e yogurt senza lattosio, per i consumatori intolleranti ad esso.
I diversi sono i vantaggi nell’utilizzo di enzimi in sostituzione di modificazione chimiche. Inducono cambiamenti altamente specifici e controllati negli alimenti, riducono i costi di lavorazione, aumentano la produzione degli estratti dalle materie prime, riducono il consumo di energia rispetto alle corrispondenti reazioni chimiche. Le reazioni enzimatiche si svolgono in condizioni blande di temperatura e di pH e sono altamente specifiche e riducono così il numero di reazioni secondarie e di sottoprodotti.
La coltura microbica
Le biotecnologie hanno ottenuto microrganismi commercializzabili che provocano modificazioni al valore nutritivo degli alimenti fermentati modificandone la composizione di proteine, grassi e carboidrati e stabilizzando le proprietà nella formazione della viscosità. Gli stessi intervengono sull’utilizzo o la secrezione di vitamine, etanolo e diossido di carbonio.
I microrganismi, inoltre, producono acidi organici che vengono utilizzati per evitare l’uso di conservanti sintetici, di stabilizzanti ed emulsionanti come il nitrato, l’acido sorbico e l’acido benzoico. Un esempio interessante, è il Pediococcus Acidilactici, che se utilizzato nella carne fermentata, ha il potenziale per inibire i batteri del suo deterioramento e quindi di ridurre la necessità di aggiungere nitrati. Ulteriormente, si usano i batteri lattici per produrre acido lattico necessario a coagulare il latte come nei formaggi.
Riassumendo, i vantaggi della fermentazione, grazie alla coltura microbica nella lavorazione degli alimenti, sono:
- produzione di alimenti che hanno sapori o consistenze che non possono essere ottenuti con altri metodi
- basso consumo energetico
- bassi costi operativi e di capitale
- tecnologie semplici.
- nuovi prodotti integrati con vitamine, minerali e colture probiotiche
Infine, un recente outcome di successo della bio-tech applicata all’industria alimentare è una polvere ricca di proteine, che prescinde dall’uso di piante o animali durante il processo produttivo, e che è prodotta dall’azienda SolarFood.
Solein è un composto di organismi unicellulari naturali, che vengono coltivati attraverso un processo di fermentazione. L’acqua viene scissa in idrogeno e ossigeno traendola dall’aria con elettricità rinnovabile. I microrganismi sono quindi in grado di produrre amminoacidi, carboidrati, lipidi (grassi) e vitamine. Nel momento della raccolta di Solein, l’acqua in eccesso viene rimossa e il residuo, infine, viene essiccato. Come dichiarato dalla società sul sito web, l’impatto di Solein è stato il seguente:
Solein utilizza acqua 100 volte di meno rispetto alla produzione vegetale e fino a 600 volte in meno rispetto alla produzione di carne bovina. I litri di acqua utilizzati nella produzione di 1 kg di proteine sono infatti, per le proteine bovine fino a 600.000 litri, per le proteine vegetali fino a 100.000 litri, a confronto del consumo d’acqua di Solein di 1.000 litri
Solein emette 5 volte meno di gas serra rispetto alla produzione vegetale e 200 volte meno rispetto alla produzione di carne bovina. L’uso del terreno per il Solein è 20 volte più efficiente rispetto alla produzione di piante e 200 volte più efficiente della la produzione di carni bovine. La superficie utilizzata per la produzione di 1 kg di proteine: bovine è di 200 m², per i vegetali 20m², per Solein 1m².
Ali Abdallah
Ha terminato il dottorato di ricerca presso DIPARTIMENTO DI SCIENZE DEL SUOLO, DELLE VEGETALI E DEGLI ALIMENTARI, UNIVERSITÀ DI BARI ALDO MORO e un Master of Science nella difesa integrata (IPM) un metodo di controllo degli organismi dannosi in un agroecosistema, e una laurea in scienze agrarie dalla UNIVERSITA' DEL CAIRO, (EGITTO). Autore e co-autore di studi scientifici su temi quali: Protezione delle piante e salute degli animali, Scienza dell'alimentazione, Antropologia alimentare, Politica alimentare, Biotecnologia, Scienze sociali, Criminalità organizzata. Revisore per numerose riviste scientifiche internazionale.