I giovani chef e ristoratori emiliani, sono impegnati nella continua riscoperta di piatti di nobili e povere tradizioni. La “bomba di riso” è uno di questi. In breve, si tratta di un timballo di riso ripieno di carni di piccione.
Riso (coltivato nella Bassa piacentina) e piccioni erano disponibili già nel 1600, e la “bomba” così chiamata per la forma semi-sferica e l’abitudine di servirla infuocandola un po’ d’alcool, sembra sia derivata dalla ridefinizione del pasticcio con la pasta frolla e il ragù di carne di piccione, di quei tempi.
Ne discende che alcuni storici dell’alimentazione attribuiscono l’origine degli arancini meridionali e il sartù napoletani. Il fatto risalirebbe al matrimonio tra Elisabetta Farnese e Filippo V di Borbone, nel 1714, per cui i cuochi parmensi avrebbero diffuso la ricetta nella corte del Regno delle Due Sicilie.
I primi ricettari che menzionano formalmente la “bomba di riso” risalgono alla metà del 1800, quando, tuttavia, la ricetta era già rivendicata da piacentini, parmigiani, reggiani ed emiliani in genere.
Ciò detto, va sottolineato che il piatto è complesso e conviviale essendo destinato a pranzi festivi. Per questo, l’offerta della Trattoria Brisla, Michael Mori e locata in Strada Farini 41 (Parma), è interessante, in quanto servito in monoporzione, così da rendere possibile una libera scelta a tavola.
Ancora una volta, va ribadito che
la riproposizione di tradizioni dimenticate è anch’essa innovazione, assieme al suo adattamento per una fruizione moderna.
La Trattoria Brisla infatti affianca al mini-timballo anche “Risotto alla quaglia e riduzione di china”, “Tortelli al tarassaco”, rane e lumache, nonché la “Corata di pecora di Corniglio”, e gli audaci “Tagliolini all’uovo, ragù di fegatini e pane abbrustolito, con uovo embrionale“