Il principio di cuocere una pastella di farina impastata con l’acqua o ancor meglio con del latte data a molte migliaia di anni fa. Furono trovate tracce di queste frittelle anche in scavi di siti risalenti al Neolitico circa 10.000 anni prima di Cristo.

Ovviamente, la pratica era diffusa anche nell’immenso territorio dell’impero romano, per risalire nel tempo e nelle varie epoche sino a oggi.

Anzi aggiungerò che il mio nonno materno, diciannovenne, venne spedito, dalla criminale casa Savoia, in Eritrea, sotto il comando del generale Baldissera, a combattere gli eritrei. Egli evitò il massacro di Dogali, ma in compenso si prese la malaria e, venendo al punto, essendo poco armati e con poche vettovaglie per essere più “leggeri” e mobili, quei soldati portatori dell’italica civiltà, erano ridotti a prepararsi delle frittelle di farina con l’acqua delle borracce (senza zucchero) cotte sulle pietre roventi: in pratica dei pancake, dei “pani dolci”, che dolci non erano.

Si potrebbe aggiungere che queste frittelle sono di fatto un alimento globalizzato grazie a tante loro varianti. In  Russia e in Grecia sono i blini; in Giappone, gli okonomiyaki; in Etiopia l’ injera, in India i malpua , cachapa in Sud America,  panquecas in Brasile.

Dunque, si può ben dire che i pancake sono l’alimento più tradizionale che di più non si può. Eppure, le aziende alimentari italiane, dotate di innumerevoli ricerche di mercato che si attribuiscono la capacità di anticipare il futuro, hanno atteso gli anni ’20 del nuovo secolo per proporle ai consumatori italiani.

Mi ripeterò, ma le considerazioni svolte molto modestamente dal sottoscritto, due decenni fa, circa l’americanizzazione dei consumi, ovvero il concetto che prima si comincia a consumare con la mente e poi materialmente in base alle varie mitologie della cultura popolare, non ebbero grande ascolto.

Bastava però cogliere gli aspetti salienti della cultura dei “boomer”, ovvero della prima generazione di italiani che iniziò a viaggiare per piacere in ogni angolo del globo, per capire quanti innumerevoli prodotti sarebbero stati conosciuti e sperimentati da quella generazione e dai suoi figli al seguito e quanti sarebbero entrati nell’loro immaginario.

I pancake e lo sciroppo d’acero, sono stati e sono tuttora, tra i prodotti simbolici di ogni rappresentazione filmica della tipica colazione americana, assieme alle uova e al bacon. Facile intuire, allora, che, prima o poi, avrebbero in parte sostituito cornetto e cappuccino.

In Italia, alcuni anni fa si affacciò la francese Pasquier con i suoi pancake confezionati shelf-stable. Poi, Coop lanciò i Pancake Coop surgelati nel 2020 e Barilla Mulino Bianco, il 19 febbraio 2021, in concomitanza con la celebrazione del “Pancake Day”, presentò i suoi pancake shelf-stable. Nel 2023 Misura propose i Pancake Proteici. Nel gennaio 2024 fu il turno dei Pancake Proteici al Caramello Salato di Bauli. Naturalmente, altre aziende dolciarie colsero il trend ,come gruppo Fietta con i suoi Sapori e Piaceri, che “sono una bontà proveniente dall’America per iniziare la giornata con un dolce abbraccio”, non dimenticando , ovviamente, le varie marche private Esselunga, Conad e così via.

In un arco di tempo brevissimo si era scoperto che gli italiani più giovani potevano gradire la dolce frittella d’Oltre Oceano, con il conseguente effetto “lemming”, o suicidio dell’innovazione.

Con questo termine intendo l’adozione di una strategia che prevede il lancio di un prodotto quando il suo “consumo mentale” o desiderio è ampio e pervasivo. Il pubblico ,pertanto è pronto alla novità materiale, certo, perché è già preparato psicologicamente e culturalmente per questo product-concept, ma ,proprio per questo, il lancio sarà prontamente imitato da una pletora di concorrenti che si lanceranno nel funnel della distribuzione moderna, con i ben noti esiti.

Sebbene non vi siano regole certe, un’alternativa dovrebbe essere il lancio del prodotto nella sua fase di inception. Ovvero nella fase  in cui si devono impiantare nuove idee nell’immaginario già citato dei consumatori.  Insomma, è un po’ come accade nel celebre film di fantascienza “Inception” diretto, nel 2010, da Christopher Nolan: coltivare nella mente del pubblico l’idea di un prodotto effettivamente nuovo e insolito.

Non v’è dubbio che operare nell’inception del prodotto sia costoso e rischioso, ma il vantaggio è differire l’effetto imitativo che oggi è facilitato dalla accessibilità alle tecnologie alimentari non esclusive e all’uso dei copacker da parte delle grandi imprese.

Non operarono forse così la Barilla dei primi Galletti e Tarallucci del Mulino Bianco, nel 1975? Oppure Quacker con Gatorade? O Giovanni Rana, nel 1981, con la sua pasta ripiena?

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Daniele Tirelli

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