La parola “meticcio” è generalmente legata all’idea di un incrocio delle razze come conseguenza delle vicende coloniali. Correttamente intesa, la nozione di meticciamento si lega invece all’idea di una continua trasformazione, di un incontro e di un superamento delle differenze preesistenti. Sul piano culturale questo significa che i paradigmi originari, non si sovrappongono, non si elidono, non enfatizzano le loro differenze, ma piuttosto si confondono, ancor più che fondersi assieme. In questo modo, danno luogo a qualcosa di nuovo che è parzialmente uguale e parzialmente diverso, che è e, allo stesso tempo, non è riferibile alle sue entità originarie.
Il tango argentino incorpora ritmi e movenze di tre continenti: Africa, Europa e America. La strumentazione con cui viene suonato e le coreografie si possono far risalire a precedenti della cultura caraibica, spagnola, italiana, africana, francese e tedesca. Eppure, il tango è l’Argentina. Il tango è espressione culturale irriducibile alle sue componenti ispiratrici! Il tango è semplicemente il tango.
La paella di origine catalana si basa su una ricetta di eccezionale complessità, che si ottiene con gli apporti successivi degli ingredienti più diversi. La paella mischia le carni (pollo, coniglio, maiale) con il pesce (cozze, seppie, calamari, gamberi, crostacei) e a volte anche lumache. Ma anche con i vegetali, come piselli, cipolle, carciofi, aglio, peperoni verdi, gialli, rossi, pomodoro, zafferano, prezzemolo e poi ancora con vino, cognac, banyuls, oltre ovviamente al riso. La paella non è un’erratica, folle, scoordinata mistura di tutto quel che è disponibile nella dispensa o sui banchi del mercato. È un piatto ben identificato che supera tutti gli altri che sfruttano solo una parte dei suoi ingredienti.
Il “meticciamento” non va confuso con le nozioni apparentemente simili di mélange o di fusion. La tendenza a mischiare l’esistente senza ordinarlo su particolari scale gerarchiche è tipica del relativismo alimentare new age di cui tanto si è parlato e che si è affermato anche nel nostro paese, al pari delle altre nazioni occidentali.
In quest’ottica di meticciamento, scienza e spiritualità culinaria non si contrappongono, al contrario concorrono entrambe a dare un senso al modo con cui ci si alimenta. Razionalità e irrazionalità non si scontrano, ma convergono per dare risposte alle più diverse esigenze. Insomma, il bricolage gastrosofico prevale sulla ricerca di un proprio metodo coerente con dei fondamenti unanimemente condivisi.
La conclusione è che la condizione della cucina meticciata fa emergere una caratteristica fondamentale, l’attitudine a rifiutare l’autismo gastronomico, ovvero la ripetizione di ciò che è identico a se stesso. Al contrario del pensiero unico, di ossessione fanatica per la purezza delle tradizioni di vari opinionisti, il modo meticcio di pensare la cucina procede per trasformazioni sempre più intense delle sue componenti originarie. La cucina meticcia procede per alterazioni a volte impercettibili, ma sufficienti a cancellare i confini, le forme pure, i tratti distintivi degli archetipi tramandati. Il metissage spinge, dunque, il consumatore a scoprire sapori e usanze che assumono il significato di un’evasione, di una infrazione alla monotonia quotidiana, di una stravaganza a buon mercato.
Leggi anche: il cibo e il pensiero magico