L’incorporazione della data nel logo è oggetto di riflessione e spunto per confrontare le esperienze di due protagonisti del mondo industriale le cui aziende hanno radici ormai storiche.
Il primo è Riccardo Ravasio, amministratore delegato di Bertagnolli.
Quando avete iniziato a indicare la data di fondazione sul packaging?
Notizie certe sulla prima volta in cui è stata indicata la data di fondazione in etichetta non ve ne sono, certo è che già negli anni ’40 del secolo scorso, sotto la conduzione di Franco e Mario Bertagnolli, la data compariva nella comunicazione aziendale.
Quali considerazioni vi aspettate dai consumatori quando vedono la data sul packaging?
La domanda è molto pertinente, soprattutto quando essa viene rivolta a un produttore di una tipologia di prodotto “storica” come la grappa. Dovendo immaginare la reazione di un consumatore alla vista dell’anno di fondazione, la prima sensazione che pensiamo possa provare è quella della fiducia. Se un produttore resta sul mercato per 150 anni, molto probabilmente il prodotto che offre, al di là della gradevolezza o meno, che è un parametro per forza di cose soggettivo, fornisce evidenti garanzie sulla qualità nel senso più ampio: qualità delle materie prime, qualità del processo, igiene e salubrità della produzione, ecc. In pratica, una sorta di “firma” apposta dalla storia stessa sui prodotti dell’azienda.
La data di fondazione è un rafforzativo del valore del brand anche per i mercati esteri?
Pensiamo di sì. Quanto risposto alla domanda precedente è tanto più vero quanto più il compratore del mercato estero è lontano dall’Italia. La data di fondazione, quando essa abbia naturalmente un riferimento lontano nel tempo, funge da elemento rassicurante sulla qualità del prodotto acquistato.
Oltre alla data di fondazione dell’azienda, ci sono altre date che vi riguardano e pensate di evidenziare sulle confezioni?
Direi di no. La data di fondazione di per sé esprime già a nostro avviso e nel nostro caso tutti i contenuti valoriali che accompagnano i nostri prodotti.
Sull’incorporazione della data nel logo abbiamo interpellato anche Margherita Amarelli, direttrice commerciale e marketing di Amarelli.
Quando avete iniziato a indicare la data di fondazione sul packaging?
Le immagini riprodotte sulle confezioni di latta risalgono all’inizio del secolo scorso. Per tutto il ‘900 Amarelli ha continuato a legare la produzione di liquirizia a immagini grafiche molto curate che raccontavano, direi in un marketing territoriale ante litteram, un luogo, Rossano, e una storia, quella della famiglia Amarelli, oltre che un prodotto con le sue qualità. La data “1731” compare ufficialmente nel logo a partire dalla metà del 1900.
Quali considerazioni vi aspettate dai consumatori quando vedono la data sul packaging?
La suggestione di sapere che Amarelli produce liquirizia ininterrottamente da quasi 300 anni, che è la famiglia Amarelli, discendente dal fondatore, che ancora oggi cura ogni dettaglio di produzione, e che tutto ciò si può vedere e toccare con mano venendo a visitare il “Museo della liquirizia Amarelli”. Amarelli fa parte dell’associazione intenazionale Les Henokiens, che riunisce le aziende bicentenarie che sono ancora per la maggioranza o per la totalità di quote di proprietà dei discendenti del fondatore: esempi reali della capacità di innovarsi, trasformarsi e resistere nel tempo, come anche di ottenere con il proprio lavoro la fiducia di generazioni di clienti.
La data di fondazione è un rafforzativo del valore del brand anche per i mercati esteri?
Lo è, e per le medesime ragioni per cui vale in Italia, con la differenza che all’estero trovano meno rilevanza i luoghi, o le caratteristiche specifico come per esempio quelle di prodotto Dop, mentre il marchio acquisisce valore per la sua longevità e vitalità sul mercato.
Oltre alla data di fondazione dell’azienda, ci sono altre date che vi riguardano e pensate di evidenziare sulle confezioni?
La data di fondazione è unica, ma le tappe di evoluzione in 300 anni sono molte e nel nostro museo sono documentate, quindi ritengo che raccontare le date che caratterizzano sviluppi importanti ma anche curiosità creative – come per esempio le grafiche delle nostre iconiche confezioni di metallo – sia parte del dialogo aperto e continuativo che ci piace avere con i nostri clienti.
Marchio storico di interesse nazionale
In base ai dati forniti dall’Ufficio italiano brevetti e marchi del Mise, da quando è stata avviata la possibilità di presentare domanda per ottenere il riconoscimento di “marchio storico di interesse nazionale” sono state inoltrate 444 richieste, di cui 173 sono relative a marchi nel settore food. Le domande accolte sono finora 375, di cui 157 nel settore alimentare. L’iter di accertamento comporta alcuni passaggi per cui sono ancora in esame diverse richieste. Le aziende vedono in questa iniziativa una grande opportunità per competere sia sul mercato nazionale sia sui mercati esteri. La protezione e la valorizzazione dei titoli di proprietà industriale, in particolare dei marchi, è una delle principali linee di azione previste nel piano di riforma strategico inserito nel Pnrr e avviato dal Ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti. Tra queste azioni si segnalano la misura “Marchi+” destinata alle pmi, che prevede incentivi per favorire la registrazione di marchi sia presso l’Euipo (Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale) sia presso l’Ompi (Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale), e il bando per il finanziamento delle attività di promozione all’estero dei marchi collettivi e di certificazione a cui il Mise destina 2,5 milioni di euro all’anno per la partecipazione dei vari organismi associativi e dei consorzi di tutela a fiere e saloni internazionali. Nel giugno 2021 si è costituita l’Associazione Marchi Storici d’Italia su iniziativa delle aziende che già hanno ottenuto tale riconoscimento.