Tra le riscoperte dei “fast food” italici sta crescendo l’attenzione per lo gnocco fritto (in emiliano centrale: gnocc frett, gnocc, gnoch frétt, gnoc frètt oppure ‘l gnoc; gnoc fritt nel dialetto della bassa emiliana) è una preparazione gastronomica “povera” e antichissima delle province di Modena e Reggio Emilia.
In realtà, altre versioni sono diffuse a Parma e Piacenza con il nome di torta fritta e in tutta la bassa pianura emiliana. Altre varianti sono il chisulén o chisolino (Bassa piacentina), il pinzino (Ferrara) o il pinsìn (Mantova) e a Bologna dove si prepara in forma tonda e più morbida prende il nome di crescentina.
Esiste una sovrapposizione tassonomica con il nome di crescentina modenese, che a Bologna e Modena è chiamata tigella). La tigella è un tipo di pane schiacciato di 12-13 cm di diamentro, caratteristico dell‘Appennino Modenese, prodotto con un impasto a base di farina tipo 0, Farina tipo 00, latte, lievito, olio, strutto e sale, e una consistenza più compatta.
A partire dai confini della Romagna, si trova, tradizionalmente, la piadina romagnola che è un prodotto IGP tipico delle città di Rimini, Forlì, Cesena e Pesaro. Chiamata anche più comunemente piada è una sottile focaccia schiacciata dal sapore inconfondibile a base di farina, strutto, bicarbonato, sale e acqua.
Secondo alcune fonti, la presenza dello strutto fra i principali ingredienti della torta fritta o gnocco fritto, potrebbe far supporre un’origine longobarda della ricetta.
Nella foto la Pizzeria Rolling Stone di Bobbio (Piacenza)