Mia moglie è rassegnata ad assecondare la mia innocua ossessione per l’innovazione: alimentare in particolare… (d’altronde se devo tenere un corso di “product innovation & marketing” posso esimermi da una ricerca sul campo?). Mia moglie – dicevo – è tornata da U2 da cui ci serviamo abitualmente, con tre diversi tipi di “tarocco”. Si trattava rispettivamente di Sanguinelli (a marchio Viaggiator Goloso) e Fragolino. La prima considerazione è che U2 (come buona parte dei suoi concorrenti) sta affrontando, per amore o per forza, il problema degli assortimenti sempre più profondi e variati: nello spazio e nel tempo. Ricordo che, in anni non troppo lontani, consulenti molto reputati consigliavano lo sfoltimento degli assortimenti che, a detta loro, frastornavano il cliente. Vecchia storia malintesa.
I clienti vogliono meno varietà?
Certamente ognuno di noi vorrebbe trovare bene vista ciò che preferisce. Peccato che ognuno intenda quel “poco” che vuol trovare nel supermercato, in modo diverso dagli altri. Ma voi pensate che in un mondo in cui AbcNews ha elencato 58 “generi” sessuali in cui si riconoscerebbe l’umanità odierna, si possa adottare come riferimento “il consumatore”, al singolare? Ciò a sottintendere l’uomo o la donna “unidimensionali”, omologati dal consumo dei prodotti industriali massificati delle multinazionali? Come teorizzava Herbert Marcuse negli anni ’60?
Io non conoscevo il tarocco a marchio Fragolino. E potrebbe anche essere grave! Nondimeno, per decenni ho ripetuto due banalità: a) nel mondo dei consumi ogni accesso al mercato è una scoperta; b) è dunque l’offerta che crea la domanda. Adesso so che il tarocco Fragolino prodotto dalla Cooperativa Motta di Catania, ha un elevato tenore zuccherino (13-14 gradi Brix), una ricca presenza di antociani e uno spiccato retrogusto di fragola.
La ricerca varietale procede a passi da gigante
Tuttavia, la storia è solo all’inizio. I frutti della famiglia dei Citrus nel mondo sono centinaia e gli incroci sperimentati dai breeder migliaia, ogni anno. Dobbiamo aspettarci, dunque, che dopo il successo internazionale dello Yuzu, non ancora noto nella pigra Italia, faranno la loro comparsa agrumi dai nomi insoliti e affascinanti: Hanuka, Hassaku, Kiyomi, Mishokan, Kinnow, Orangelo… con tutte le loro varietà ibride, accanto ai già noti (in Francia) Vetiver, Meyer Lemon, Tangelolo, Ugli…
In sintesi, il dizionario delle tipologie merceologiche ortofrutticole, e non solo degli agrumi, ma anche delle mele, delle uve, della frutta con nocciolo, a disposizione della distribuzione moderna, si allungherà a dismisura. Tutto diverrà più complicato. Da una parte i clienti/consumatori più propensi all’innovazione, saranno sollecitati dai vari media e dai social network, a curiosare nel grande shop mondiale, dall’altra i flussi commerciali sempre più fluidi incanaleranno le produzioni “esotiche” nel grocery retail. Chi avrebbe detto del 1990 che oggi avremmo avuto a disposizione, normalmente, uva e mirtilli peruviani, ciliegie cilene e così via.
La vendita è un processo probabilistico
I manager della distribuzione, a mio modestissimo parere, dovrebbero abbandonare la visione deterministica prezzi-volumi, nella scansione delle stagioni. La vendita diventa sempre di più un processo probabilistico, ovvero l’incontro del consumatore giusto con le quantità ridotte del prodotto temporalmente effimero XY, distinto per caratteristiche sempre più sottili dai suoi vari sostituti. Esattamente come accade nella scelta in Unes, tra Sanguinello, Lempso Vg, Fragolino. Le mele sono un esempio fantastico di come si prospetta il futuro. La scelta gioca coi fattori dolcezza, acidità, croccantezza, succosità, aromaticità… e una Granny Smith si è trova abissalmente distante da una Envy, e una Annurca non si scambia con una Golden.
È un problema. Affascinante. Remunerativo, per chi lo risolverà.