Le azioni di Starbucks hanno subito un calo del 32% nel corso negli ultimi 12 mesi, al contrario della media S&P del settore ristorazione che è sceso del 6%.
Ad Howard Schultz questo fatto non è piaciuto, anche perché con con 21,6 milioni di azioni detenute personalmente e tramite i fondi di famiglia, è uno dei maggiori shareholder della più grande catena di coffee-house del mondo.
Eppure le vendite di Starbucks hanno registrato un record con $ 4,2 miliardi di revenue nonostante la pandemia con tutti i noti problemi. La catena ha risposto meglio di altre al blocco imposto dal Covid.
Sembrerebbe, però, che alla Borsa di New York non sia piaciuto l’aumento del salario medio a 17 dollari l’ora per i dipendenti, nonché gli accenni ad una sindacalizzazione del personale, contemporaneamente alla riduzione delle previsioni sui profitti dell’esercizio in corso. Insomma, anche questo gigante della ristorazione sembra essere entrato nella fase critica di una crescita del fatturato e della marginalità, date le abnormi dimensioni assunte.
Uno Stock Exchange surriscaldato dalla moneta facile premia la velocità della crescita (la derivata prima, per dirla matematicamente) non i fondamentali del valore della dimensione aziendale. Anzi, la pressione speculativa sempre più in ansia, guarda alla “derivata seconda”, ovvero all’accelerazione della crescita!
Dunque, caso più unico che raro, Mr. Schultz ha deciso di assumere per la terza volta(!) l’incarico di CEO, al fine di riaggiustare un modello di business ormai lontano dall’impianto iniziale alla base della meravigliosa saga dei “caffè all’italiana” per un pubblico americano. Un pubblico americano divenuto poi internazionale, sino al ritorno in quell’Italia che quel modello aveva ispirato.
Oggi, Starbucks, ancor più dei suoi caffé espresso più corposi e robusti di quelli italiani, vende ice-coffee e bevande ghiacciate da asporto. Il famoso servizio caloroso reso ai clienti è stato integrato con gli impersonali drive-in e i drive-through. La qual cosa ha portato Mr. Schultz a concludere che molte cose sono cambiate nelle esigenze e nei comportamenti dei clienti/consumatori e che era necessario un ripensamento.
Pertanto, egli ha affermato che esiste il bisogno per l’azienda di riaggiornare e rafforzare la visione di lungo periodo e porre rimedio a certi problemi di insoddisfazione del personale, nonché alle inefficienze emerse nell’immenso network dell’impresa.
A tal fine, egli ha richiamato persone di fiducia che l’hanno accompagnato nell’epica avventura imprenditoriale. Esperienza e lungimiranza rispetto agli ardori giovanilisti ed efficentisti.
La relazione con il personale sembra essere la chiave di volta, della nuova-vecchia visione, se è vero che più del 70% dei dipendenti dell’azienda negli USA, ha un’esperienza di un anno o anche meno.
One person’s passion cannot successfully launch any Starbucks product. Like all effective leadership, mine is linked to the organization’s ability to execute.
(From: Howard Schultz. “Onward: How Starbucks Fought for Its Life Without Losing Its Soul”. )
In conclusione, il ritorno di Howard Schultz in Starbucks per la terza volta è un evento insolito e molto interessante come illustra con chiarezza anche un articolo del Wall Street Journal.
Vedremo, insomma, se il motto Pour Your Heart Into It, (come dice il titolo del suo celebre libro) consentirà ancora una volta a Starbucks di re-Building a Company One Cup at a Time!