In Spagna, a settembre 2020, il 51% dei venditori su Amazon erano cinesi e solo il 22% erano nazionali, secondo Marketpulse.
La Spagna è nel mondo, insieme al Canada, il Marketplace (in percentuale) con il maggior numero di fornitori cinesi vs quelli nazionali. Oggi si potrebbe sostenere che Amazon Spagna è un portale per lo più di venditori cinesi. Il che non è affatto un esempio unico, dobbiamo sottolineare. Come Amazon ce ne sono molti altri nel retail di questo nostro paese, sono distributori che optano per un assortimento per lo più made in China, e ciò per molte ragioni strategiche. Ma, contrariamente a quanto si dice, , in un mondo globale, questo non è buono, né è cattivo, ma comporta conseguenze etiche e sociali che, in una società avanzata e libera, devono essere sollevate e discusse.
Amazon è la resurrezione della Via della Seta nel XXI secolo, in forma digitale, conveniente, e con lo slogan del “cliente al centro”. Amazon genera molta occupazione indiretta nei venditori spagnoli (oggi, forse la maggior parte), ma è anche vero che sta creando molta più occupazione indiretta in Cina. La qualcosa non è né buona né cattiva, ma è quella nota, scritta a piccole lettere, che deve essere letta dai consumatori alla fine dell’annuncio,.
Solo negli Stati Uniti, si stima che vendano attraverso Amazon circa 200.000 venditori cinesi; e tra i 5.000 prodotti più venduti, 2.375 provengono dalla Cina. Nel caso della Spagna, i prodotti cinesi superano il 50% dei prodotti più venduti (tenete presente che gli Stati Uniti hanno circa il 38% dei venditori cinesi, rispetto al 51% della Spagna, a settembre 2020).
Amazon è diventata la più grande autostrada delle merci cinesi nella storia occidentale. La qualcosa non è né buona né cattiva, ed è quello che è. Ma si verifica una contraddizione poiché tutti i sondaggi che chiedono ai consumatori se preferiscono consumare prodotti locali o esteri, riscontrano che la stragrande maggioranza dice che preferisce quelli locali. La realtà è che la stragrande maggioranza opta invece per la produzione estera.
Amazon ha detto che il suo obiettivo è l’ essere un’azienda che emetterà zero inquinanti entro il 2040. Ma, nel 2021, ha dichiarato che la sua “impronta” di carbonio è cresciuta del 19%, ovvero a 60,64 milioni di tonnellate di CO2 (il Portogallo ne ha emesso 40 milioni nel 2020).
Ma in questi 60,64 milioni di tonnellate c’è un trucco, dal momento che non includono tutta la componente lasciata dalle centinaia di migliaia di viaggi che vanno dalle fabbriche cinesi ai magazzini Amazon. E questa blanda realtà della traccia inquinante di Amazon non è messa in discussione da forum, pubblicazioni e grandi società di consulenza. Se parlassimo della traccia di carbonio dell'”ecosistema Amazzonico” i numeri sarebbero oltraggiosi.
L’emissione zero di carbonio in questo scenario produttivo transfrontaliero non può essere raggiunta, a breve termine. Questa è la realtà.
È come quei prodotti ecologici, che compri al supermercato, quando guardi l’etichetta scopri il Made in Pakistan.
Laureano Turienzo Esteban
Ceo di Retail News Trends e presidente de La Asociacion Española Del Retail. Presidente Y Fundador Círculo Iberoamericano Del RetailCeo Retail News Trends. Profesor. Influencer Linkedin Top Voice Retail Spain. Forbes Retail 2021 Spain.