Manuela Soressi, giornalista e grande esperta del food italiano, sul fenomeno del crescente successo dei piccoli frutti sempre più richiesti dai consumatori. (vedi anche Italian Berry)
intervistaEcco allora il punto di vista di un’osservatrice attenta alle dinamiche del mercato e ai fattori che determinano e guidano i consumi.
Hai notato un cambiamento nella percezione dei consumatori?
I piccoli frutti sono diventati ubiquitari negli ultimi anni: improvvisamente una categoria di prodotto che era pochissimo comunicata se non nelle marmellate e nei succhi è presente trasversalmente; la troviamo inserita nei prodotti dolciari, in quarta gamma, nei freschi e tra i surgelati.
Come si è innescato questo processo?
Improvvisamente è diventato un prodotto nobilitante; penso che sia dovuto principalmente alle tantissime ricerche sui valori nutrizionali che sono state finanziate e pubblicate, grazie alle quali si è cominciato a parlare tanto dei piccoli frutti per via degli antiossidanti.
Quindi compriamo piccoli frutti perché fanno bene?
C’è comunque il fatto che sono un prodotto che ha un appeal in sé: una volta che hai ricordato che esistono e li trovi al punto vendita non è difficile che vengano acquistati. Oltre tutto la barriera prezzo si è abbassata; soprattutto nei mirtilli il fatto che una persona li possa acquistare tranquillamente al supermercato, dove hanno sempre uno spazio interessante in frigorifero, la dice lunga sul fatto che sono diventati dei prodotti comunque popolari, anche se non ancora al livello dell’arancia o della mela.
Da dove viene questo successo? E’ anche una moda?
Penso sia un momento molto felice per i piccoli frutti. Negli ultimi anni c’è stata, a dispetto della dieta mediterranea di cui parliamo tanto, un forte orientamento verso la cucina nord-americana: dal pan-cake alla pasticceria americana, i doughnuts. Sono rimasta stupita nel vedere in piccole città come Salerno o Parma delle pasticcerie americane.
Vedere che cosa si mangia negli Stati Uniti ha sdoganato l’uso del mirtillo anche in situazioni, in contesti e in sapori diversi. Su un certo pubblico più curioso, più giovane, questo è stato sicuramente un traino importante.
Quindi trovarli ovunque, sempre, a un costo abbordabile, sapere che fanno bene e che sono gradevoli a livello gustativo e organolettico sono stati fattori determinanti.
Ci sono altri fattori che differenziano i piccoli frutti all’interno della categoria ortofrutta?
Sono piccoli, sono monouso, facili da consumare, tutto quello che si chiede alla frutta oggi che altri frutti certamente non hanno. Sono giocosi: i piccoli frutti sono… piccoli, maneggiabili e in un qualche modo rimandano all’infanzia e hanno questo vissuto positivo.
Siamo in un mondo in cui ci stiamo tutti “disneyzzando” e i nostri adulti vogliono rimanere sempre bambini: guardiamo ad esempio all’approccio “candy”, molto popolare in Giappone.
C’è una sorta di pandemia della “sindrome di Peter Pan” quando i nostri cinquantenni si mettono la maglia di Topolino, una cosa che i nostri genitori non avrebbe mai fatto. Questo tipo di consumi è in questo stesso filone del “sempre piccolino, sempre bambino”.
Quindi “piccolo è bello”!
Siamo nella civiltà dell’immagine e i piccoli frutti hanno un’immagine molto riconoscibile: il mirtillo disegnato è diventato quasi un’icona, mentre è molto più difficile che sia così appetibile il disegno ad esempio di un kiwi. La fetta di anguria, il mirtillone sono immagini che trovi anche nei cartoon, nei fumetti, nei video giochi e quindi sono rimandi continui di quel prodotto.
Come è successo che i mirtilli sono entrati così velocemente nelle nostre cucine?
Probabilmente il plum-cake potresti farlo anche con le gocce di cioccolato o magari banalmente con la mela a cubetti, però è un’altra cosa se c’è il mirtillo con il suo colore e l’aspettativa di gusto. Quindi alla fine i mirtilli li troviamo un po’ dappertutto proprio come il pistacchio adesso, persino banalizzato e addolcito: ormai sembra che non si possa fare più niente senza il pistacchio.
Qual è il segreto dei mirtilli?
I mirtilli sono stati inseriti anche dove non c’era una necessità stringente perché sono apportatori di valori che vanno oltre la salute e la praticità di consumo: sono collegati a benessere, giocosità, infanzia, immagine in un modo quasi unico nel reparto ortofrutta.
Manuela Soressi scrive per Sole 24 Ore, Mark Up, Gdo Week, Donna Moderna e Cucina Moderna.
Per saperne di più sui piccoli frutti
Thomas Drahorad
Presidente NCX Drahorad