Prodotti ittici: cosa ne sanno veramente i clienti della DM? (Una ricerca ancora attuale)

Avatar photo Daniele Tirelli14 Giugno 2024

Una delle frasi più stupide che ricorrono nei dibattiti e in certe ricerche di mercato è la seguente:

“Oggi il consumatore è sempre più informato e sempre più esigente”.,

Niente di più falso, ovviamente. E non potrebbe essere altrimenti sommersi da esondazioni di notizie eterogenee e disordinate, di fake e di meme non sappiamo e non possiamo processare sistematicamente questa massa informe di dati, immagini, video. Semplicemente,  trasformare il dato in informazione  e l’informazione in conoscenza richiede tempo, capacità e risorse.

A confondere il tutto si aggiungano gli stereotipi propalati da vari “influencer”. La conclusione è, dunque, che la conoscenza è soggettivamente diversa per ciascuno di noi, e ciò  a seconda della nostra vicinanza ai differenti ambiti di produzione e di consumo nonché del capitale esperienziale accumulato da ognuno.

In breve, nel caso del “pesce”, oggetto del nostro consumo alimentare, la sua conoscenza di massa da parte degli italiani può risultare sorprendentemente scarsa  essendo il tema ricco di complessità.

Nel 2009 la Regione Emilia-Romagna mi affidò una ricerca ben supportata e libera da “mandati” attraverso la quale mi posi l’obiettivo di cogliere quel che gli italiani non sapevano, perché il “non sapere” è un’area ben più vasta del “sapere” è in quell’oscurità che si celano le opportunità per il marketing e la comunicazione.

Ritengo che i contenuti di quella ricerca, che può essere scaricata da questo link, abbia ancora una sua validità o perlomeno può costituire una base per impostarne una nuova, allo scopo di verificare se davvero il ricambio generazionale, i social media, la comunicazione, ecc. hanno accresxiuto la competenza popolare in merito a questi prodotti così salutari e gustosi (e costosi).

Ricerca sulla pesca Regione Emilia Romagna 2009  

A fronte di risultati a volte apparentemente inconcepibili va detto allora che le critiche degli stupidi “ai burocrati di Bruxelles” che catalogano il pesce e i molluschi e impongono regole commerciali comuni alla nostra Unione, sono di una pochezza desolante.

Se i consumatori rivelano una competenza come quella che emerge dalle tabelle di questo rapporto, ne discende che occorre essere grati al lavoro normativo dell’amministrazione europea, volta a impedire le truffe commerciali, imponendo di comunicare chiaramente al pubblico se la triglia è di scoglio o di fango, se la vongola è verace o filippina e così via.

Max Weber un secolo fa mostrò come efficienze e progressi portati dalla razionalizzazione modernista e dall’organizzazione burocratica che ne è la più diretta conseguenza, implicavano la costruzione di un mondo freddamente disincantato dai miti e dalle fantasie. Gli stupidi biasimano il lavoro dei burocrati europei, ma poi, dato che sono stupidi, invocano ad ogni piè sospinto, un’autorità che dovrebbe controllare e reprimere le truffe e gli inganni perpetrati a danno dei consumatori.

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Daniele Tirelli

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